L'opinione — 19 May 2014

di Davide Ciliberti

Nella vicenda taxi vs Uber andata in scena nei giardinetti della Milano-bene, dove le sciure penano di ansia se il loro Fufù non spisciazza qui e là la raccomandata quantità di urina, allampanati manager rincorrono un’improbabile forma fisica e sindaci, assessori e amici degli stessi sbiciclettano all’ombra delle fresche frasche, si riassume un po’ quella che è oggi la “Milano dello spritz” (fatto in economia): una roba certamente più annacquata del mitico amaro Ramazzotti.

Intanto la cronaca di sabato. Due eserciti si sono affrontati sul palcoscenico di Wired.

Da un lato i taxisti, 300 energumeri “duri e puri”. Muscoli in bella vista, fumogeni e striscioni. Dall’altro 1 (sola) ragazza forse appena 30enne. Bella prova di coraggio per una categoria in termini di reputazione già abbondantemente – si perdonerà l’uso del “tecnicismo” – sputtanata da vicende di cronaca (anche nera) – per carità giusto non generalizzare – o quotidiane scortesie, disservizi e piccole ruberie sulle tariffe, cui invece opportuno generalizzare.

I primi non invitati all’evento. La seconda invece si. A far che? A parlare di innovazione, start up, di futuro prossimo, di nuova impresa …

Insomma tutte quelle belle cose di cui il Comune (ed in generale l’Italia intera) spera, auspica, promuove, reclama a gran voce.

Annotiamo subito che mediaticamente il match si è chiuso con una larga vittoria della giovane manager di Uber. Perché? Beh basta dare un occhio al web oggi… #Uber. E con un grande sconfitto, ormai seriale: il Comune di Milano.

Ah già… Il Comune. Nell’arena era pure presente e rappresentata la città di Expo2015. Una delle capitali d’Europa. Pochi sul posto invero se ne sono accorti. Un balbettio incerto purtroppo tra urla, uova e spintoni dei trecento contro una, ahimè fa poco rumore.

Assordante invece l’eco di quelle poche timide frasi del rappresentante della municipalità – che con orgoglio (e merito) si vanta (senza riserve) dei successi del Car2Go – riprese e raccontate poi dai giornali, che per chi ha corposi uffici stampa che non diramano note per smentire o definire una posizione, fanno più testo di una delibera di Giunta.

“Non possiamo noi (Comune) chiudere Uber” sussurrò rassegnato e timido l’Assessore ai gentiluomini che nel frattempo avevamo fatto irruzione, acceso fumogeni, lanciato cose, dispensato educati epiteti a desta e manca e strepitato come forsennati in stile ultrà.

Bum! Ecco il petardo più grosso! La precisa rappresentazione di come a Milano stia oggi al progresso.. al “Next”, pay off delle giornate di Wired. Di come chi governa la città e il suo futuro interpreta e maneggia le tematiche della tecnologia.

Eppoi i taxisti a difendere diritti feudali. Attivissimi nel “far casino”, bloccare (impunemente) la città ed in ciò riottosi ad ogni ipotesi di modernizzazione, che fa rima con migliore servizio per l’utenza.

Le app sono una commodity. Si comprano, si pagano. Magari saranno un po’ care, così come le corse in taxi a Milano. Eppoi si adottano offrendole alla clientela. Quale sarebbe il problema per per i taxisti avere oggi un sistema di prenotazione online, o via smartphone? Una app che indica all’utente (e lascia traccia e ricevuta) dell’auto disponibile, dei precisi minuti all’arrivo, che visualizzi al cliente sul suo device il percorso più breve, il prezzo finale il tutto real time con una ricevuta online al termine della corsa.

E che, chessò, consenta una valutazione del servizio sulla sigla che identifica auto/tassista (stile Tripadvisor) in maniera che il cliente avvisato della disponibilità di un taxi/tassista con valutazione bassa possa rifiutarlo e scegliere (e premiare), un collega più meritevole. O decidere per altro servizio od operatore.

Ohibò! Sarà mica questo il problema? La paura della concorrenza? Essere in posizione di predominio e temere le innovazioni che si affacciano sul mercato? I trecento contro uno? Dove quell’uno fa paura perchè forse offre un vantaggio (o anche solo la possibilità di una scelta) al cliente pagatore?

Ah ecco! Poi in fondo a questo sistema ci sarebbe pure anche il cliente. O il cittadino. A seconda da che punto di vista si vuole vedere la cosa: da quello del mercato o da quello del Comune. Che dovrebbe sempre e per prima cosa tutelare i propri cittadini. E non le lobby facinorose.

Possibilmente senza balbettare….

Che peraltro, alla vigilia del famoso Expò, buona immagine non ne produce. Ne in Italia né all’estero.

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