In evidenza L'opinione — 26 September 2013

di Davide Ciliberti

E’ forse soltanto scivolato leggermente sul verbo’infastidire” ..

Teoricamente nulla di più direi. Praticamente invece, il disastro.

Quell’”infastidire” scappato a fine frase e perfidamente acchiappato da quel zanzarone Cruciani, che ben sa – non che ci voglia una scienza – che a virare il discorso su determinate “parole chiave”, come ad esempio “gay”, si sbatte automaticamente l’ospite su un suolo molto scivoloso. Questo in Italia, ovviamente . Ecco forse valeva la pena di considerare che lo stile della trasmissione punta al “trappolone”. E se l’ospite non ci casca, ovvero l’audience scende (insieme all’autostima di Cruciani), allora la spintarella all’inciampo la da direttamente il conduttore.

Per farla breve: In risposta alla domanda “perché non fate un bello spot con una famiglia gay?” Barilla ha risposto che ciò non è il linea con la strategia di comunicazione dell’azienda, in poche parole niente gay negli spot Barilla.

Embè? Dove sta il peccato?

Guido Barilla ha semplicemente inteso raccontare, in quelle poche battute, che la comunicazione del suo brand passa attraverso una narrazione che proietta il medesimo nell’immagine della famiglia (italiana, ovviamente). E attraverso questa giunge, prevalentemente dalla tv, nelle ore “giuste”, nella casa degli italiani. In quelle case, pianerottoli e quartierini, cioè dove insieme alla madre e al padre, vive il vicino parentado, il figlio non così giovane, la zia, la nonna, i nipoti. Un bel target allargato, che rende lieto qualsiasi direttore marketing, condito inoltre dalla suggestione che i biscotti buoni sono quelli della nonna, immaginati ancora belli infarinati, allineati e pronti ad essere inseriti nel forno. I marchi usano i testimonial proprio per questo. Alle volte il testimonial è un uomo o una donna (si veda Kate Moss per KC) – e non viceversa -, alle volte può essere un’espressione letteraria (come ad esempio 007 per Omega), uno stile di vita (l’uomo Malboro..) od un concetto, appunto il “sapore di casa”.

Ma subito i quotidiani nella loro edizione online sparacchiano la notizia. Il popolo del web si scatena, scatta la grandinata di dichiarazioni alle agenzie, par il boicottaggio. Toscani, si proprio Oliviero Toscani (!), anche lui incalzato in un’intervista, dichiara che non mangerà più pasta Barilla…

In realtà corretta la risposta (non useremo gay nei nostri spot), corretti i titoli (“Guido Barilla alla Zanzara: non farei mai uno spot con una famiglia gay”) . Forse un po’impertinente la domanda, però quello si sa. Ma il problema, temo – e questo forse andava detto a Barilla dal suo press manager – siamo noi italiani. Pronti commentatori tuttologi, pistoleri dell’indignazione facile e del tifo da stadio.

Se a questo poi ci aggiungi un Cruciani peperino, perchè magari in crisi d’ascolti per la puntata, è normale che ti ritrovi un Toscani che ti boicotta il rigatone….

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