L'opinione — 15 marzo 2019

di Davide Ciliberti*

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Il Rapporto Censis  (http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121148) accende un faro sui “miti d’oggi”, laddove dall’indagine che ha esplorato fasce d’età e socio-demografiche che rappresentano l’Italia tutta, emerge che i fattori ritenuti centrali nella società di oggi al primo posto si mantiene ancora il posto fisso con il 38,5% ma al secondo il verbo dei social network (28,3%).

 Addirittura tra i capisaldi l’obiettivo di guadagnarsi la casa di proprietà (26,2%) deve duellare con il possesso smartphone (25,7%). E cosa dire della cura del corpo (22,7%) e i selfie (18,9%), che vengono prima del possesso di un buon titolo di studio come garanzia per riuscire socialmente (14,4%) . Insomma a osservare questa fotografia, della quale non possiamo che purtroppo prendere atto e che, attenzione, non racconta di un gruppo sociologico specifico tipo i millenials o altre segmentazioni, ma di una “generazione sociale globale” che va dall’adolescente, passando per l’adulto sino all’anziano.

Una grande foto di gruppo di noi sessanta milioni di italiani dove lavoro, casa e carriera (fattore quest’ultimo che insieme a soldi e successo aveva delineato gli anni dello yuppismo), siamo a quella che definirei ora una ‘generazione selfie o chiamatela pure se volete, soltanto come riferimento iconico generale, (a fini esplicativi e assolutamente non di giudizio personale) ‘generazione Belen’.

 Una società, raccontano i dati del Rapporto Censis dove tra i media decisivi alla formazione i social network si attestano insieme al 56% e nella fascia d’età 30-44 anni addirittura al 66,6% che trasuda di immagine, intesa come forma di esibizione di sé, apatia, vacuità aspirazionale e cortissimi orizzonti.

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 * Davide Ciliberti è fondatore dell’agenzia di comunicazione Purple & Noise, giornalista e autore.

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